Agorà di pensieri
Ciò che sopravvive dell’antico “linguaggio delle muse e delle corti” è un bagaglio culturale di reminiscenza scolastica oramai appannaggio di una esigua fetta della società unito a un’iniezione massiva e quotidiana di forestierismi provenienti da ogni campo settoriale e specialistico.
La “nuova normalità” è caratterizzata non soltanto dall’utilizzo massivo di anglicismi (alcuni tecnicamente errati) e di terminologie di stampo bellico (la pandemia come “guerra contro il virus” combattuta da medici “in prima linea” nelle “trincee” degli ospedali), ma dalla ancora diffusa inconsapevolezza di esservi già dentro. L’unica salvezza è rappresentata, oggi come ieri, dalla conoscenza della propria lingua e della nostra più pura espressione. Al riparo da ogni manipolazione.
A una zona è corrisposto, per mesi, un diverso livello di tensione sapientemente orchestrata
Indifferente alla salute propria e altrui, lo siamo diventati l’uno per l’altro. Così si fonda la società del sospetto e della paura.
“Fare a casa quello che si sarebbe potuto fare in ufficio”: che cosa c’è di tanto “smart”?
L’ultimo avanzatissimo regolatore, nipotino evoluto del vecchio codice a barre, della nostra nuova esistenza.
Non è più un fenomeno transitorio, ma la cifra essenziale della nostra (nuova) esistenza
La corruzione, i favoritismi, gli interessi finanziari, il lobbismo. Sì, certo, anche la salute pubblica!
Spostare l’attenzione del medio utente su tematiche di esclusivo appannaggio medico-scientifico.
Una pandemia fatta anche di feticci: su tutti, la mascherina e il gel igienizzante (per non parlare del sacro siero, assurto a nuova ostia consacrata).