Skip to main content

Berizzi, passi da gigante verso la disoccupazione

| Redazione |

Il Tribunale di Monza con sentenza n. 1386 del 2023 ha condannato per diffamazione a mezzo stampa il giornalista di “Le Repubblica” Paolo Berizzi  (insieme all’allora direttore del quotidiano Mario Calabresi per omissione del controllo necessario sulla pubblicazione allo scopo di impedire la commissione del reato mediante il mezzo della stampa) per avere definito il consigliere leghista del Municipio 8 Stefano Pavesi “Antisemita” in  un articolo del 2016.

La difesa degli imputati (condannati al pagamento di 600 euro di multa oltre spese processuali) aveva puntato sulla legittimità della definizione in ragione dell’esercizio del diritto di cronaca e di critica durante una campagna elettorale. Argomentazioni non recepite dal Giudice Dott. Carmelo di Paola della Sezione Penale, che ha invece riconosciuto come nell’articolo vi fossero state da parte di Berizzi “la coscienza e la volontà di utilizzare espressioni potenzialmente offensive dell’altrui reputazione” totalmente in contraddizione non solo con la verità, ma anche con la verosimiglianza dei fatti. 

Alcuna equazione ad avviso della sentenza poteva farsi tra l’epiteto affibbiato a Pavesi e la sua appartenenza all’Associazione culturale Lealtà Azione, il cui statuto – si legge in sentenza – “ne descrive una matrice prevalentemente culturale ed il perseguimento di scopi che nulla hanno a che vedere con l’ideologia antisemita o nazista”. 

“E’ una sentenza che restituisce dignità al dibattito politico che in questi anni è stato inquinato da un uso del giornalismo finalizzato a screditare le persone prima che a discutere sui contenuti” ha dichiarato Pavesi. “Sono soddisfatto e ringrazio l’Avvocato Antonio Radaelli per la difesa condotta, e penso che sia un importante segnale per tutti coloro che in questi anni hanno subito campagne di discredito perché coerenti nelle battaglie identitarie e sociali che la mia Comunità ed il mio Movimento portano avanti senza abbassare la testa”. 

Ma ora, al di là di quella che dev’essere considerata legittimamente come una grande vittoria giudiziaria e financo politica, che cosa fare del “giornalista” Paolo Berizzi? Cosa fare di questo prode “segugio antifa” collezionista di figuracce e di condanne per reati di diffamazione aggravata e protagonista di vere e proprie storie inventate quale quella, divenuta celebre, del “bimbo di quattro anni che fa il saluto fascista”? Un soggetto divenuto scomodo e motivo d’imbarazzo persino per gli assertori dell’antifascismo più duro e senza macchia, ridicolizzato e svilito, oltre che dalla storia e dal pudore, anche dalle palesi bugie costruite ad arte da individui vittime di accertate ossessioni maniaco-compulsive. Scomodo, imbarazzante e, ciliegina sulla torta, con scorta della forza pubblica pagata dai contribuenti che, come tale, chiama in causa direttamente il ministero dell’Interno, corresponsabile di tutelare uno scrittore autore di articoli denigratori e calunniatori nei confronti degli avversari politici. La “questione Berizzi” va finalmente posta. Al resto ci penserà il tempo che, galantuomo com’è, penserà col solito “garbo” a relegare simili macchiette nel silenzio dell’oblio. Dimenticato da tutti.