P1 : E2 – Quindi torna?

P1 : E2 – Quindi torna?

2022-11-27 0 Di   Ecate   In   Questa me la devo segnare   

è qualche settimana che ricevo tante chiamate tutte uguali: e torna? E mi ama? Ma mi pensa? E quando mi cerca? E mi tradisce? I soliti cliché gestibili con qualche domanda in più e spostamento di focus. Ho notato che con le chiavi giuste sembrano esserci maggiori aperture di pensiero e di introspezione dentro le ferite dell’anima che provocano queste domande all’apparenza banali, ma che celano dolori e mancanze di diverso genere. Stamattina, mentre gestivo una di queste chiamate, attiva ormai da quaranta minuti, dove la signora continuava a ripetere la stessa storia con parole diverse, mi è sorto un dubbio. Tutta questa curiosità mascherata con la rabbia per sapere se lui sarebbe tornato o meno era reale?  I toni accusatori verso il suo ex partner che l’aveva lasciata per un’altra ecc ecc, mi sono chiesta se fosse il caso di stopparla e di farle rendere conto che di lui non gliene fregasse proprio niente. Lo stava denigrando da quando aveva iniziato a parlare, tutta una sfilza di motivi per cui se non l’avesse lasciata lui lo avrebbe fatto lei, la lista dettagliata di rancori portati dai tempi dei tempi verso quest’uomo che aveva osato abbandonarla dopo cinque anni di lotte e litigi continui. Inoltre, per ben tre volte, ha rimarcato il fatto che lei nemmeno lo voleva, piaceva solo ai suoi genitori. O forse voleva solo sfogarsi perché realmente soffriva per la fine di questa relazione? Qual era la verità? Un’idea ce l’avevo, percependo forte e chiaro l’essenza di quello che lei cercava di comunicare. Non volevo però peccare di presunzione e ho continuato a farla sfogare perché ne aveva bisogno.

Dopo aver cercato di farla aprire su diversi fronti e di incoraggiarla a guardare la situazione da un diverso punto di vista, mi ripete per la centesima volta:

“Quindi torna?”                                                                          

“Concetta, sì torna, ma vorrei tanto chiederti una cosa, dopo che torna cosa fai tu?”. Domanda lecita, credo.

“Ah niente gli dico di tornare da dove è venuto e che non lo voglio più”. Risponde con tono fiero.

“Cioè, fammi capire è quaranta minuti che mi chiedi se torna, come quando e perché e poi non lo vuoi?”

“Sì, voglio la mia vendetta”. Asserisce.

“Ah se una fan del porgi l’altra guancia versione onore e rispetto?”. Sdrammatizzo.

“Che? No non hai capito deve tornare strisciando quel verme”.  Si incazza.

“Forse, anziché chiedere se torna, dovremmo chiedere perché se ne è andato”. Alzo il tiro.

“Se n’è andato per colpa di una troia, te l’ho già spiegato”. Riparte il loop.

Inizia da capo a raccontarmi per la sesta volta tutti i motivi per cui lui faccia schifo e che ha fatto bene a trattarlo come uno stronzo dal giorno in cui si sono conosciuti, perché sapeva che sarebbe finita così,-le famose profezie auto avveranti- per poi accorgersi che era passata un’ora. Mi saluta:

“Grazie della chiacchierata, aspetto che torna e ti farò sapere cosa gli dirò, ora devo andare che esco con quello che sto frequentando, poi domani ti chiamo e mi dici qualcosa di questo nuovo.”

Si potrebbero aprire mille discorsi con mille sfaccettature diverse: dalle esperienze che si hanno e che replichiamo per cercare una motivazione al nostro passato, al modo in cui uomini e donne interagiscono senza comprendersi, all’accettazione della fine dei rapporti e dei loro strascichi, le ferite e le forme pensiero che ci incastrano, la poca conoscenza di sé e dell’altro, gli squilibri psicologici, che cosa sia l’amore e come lo cerchiamo all’interno di situazioni tossiche, ma qui l’unica cosa che mi sento di segnare è una: non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire.