Immigrazione, Russia al bivio

Immigrazione, Russia al bivio

24/04/2024 Off Di   Lorenzo Berti   In   Mappamondo   

A partire dagli anni 2000 la Russia ha avviato politiche volte ad attirare immigrati provenienti prevalentemente dai paesi ex-sovietici. Il motivo è la carenza di manodopera dovuta ad un tasso di natalità piuttosto basso che non riesce a tenere il passo con lo sviluppo economico, soprattutto nei grandi centri urbani. Questa tendenza è più che mai attuale considerato che nel 2023 la crescita del PIL russo è stata del 3,6%, superando la Germania come prima economia europea e quinta al mondo per PIL a parità di potere d’acquisto, con un tasso di disoccupazione solamente del 2,9%, il più basso tra tutte le nazioni del G20.

UNITA’ NELLA DIVERSITA’

Il fatto che gli immigrati provengano da paesi vicini, connazionali durante il periodo zarista prima e sovietico poi, ne facilitava l’integrazione rispetto a quanto avviene in Europa. C’è da dire poi che la Russia per sua natura è molto più simile ad un impero piuttosto che ad uno Stato-nazione tradizionale. Questo sia per la sua naturale estensione geografica che per la complessa composizione multietnica che vede convivere circa 180 popoli diversi, dagli eschimesi ai ceceni. Ad unirli secoli di storia comune ed un forte senso di patriottismo. Nessun problema nemmeno nella convivenza di fedi religiose differenti, con una larga maggioranza di cristiani-ortodossi ma anche aree a prevalenza islamica (Caucaso del Nord) o buddista (la Calmucchia è l’unica regione d’Europa a maggioranza buddista).

CRIMINALI STRANIERI IN AUMENTO

Tuttavia negli ultimi anni anche in Russia si sta cominciando a vedere l’immigrazione non più come una risorsa ma come un problema. Questo soprattutto a causa dell’aumento del numero di reati a sfondo violento commesso dagli immigrati che spesso hanno potuto godere di coperture garantite dalle relative comunità. Le cosiddette ‘diaspore’ con la crescita del numero dei propri concittadini all’estero hanno infatti acquisito un potere sempre maggiore muovendosi come una lobby per influenzare, sia legalmente che illegalmente (corruzione), politici, media e funzionari pubblici.

Il barbaro attentato al Crocus City Hall di Mosca ha contribuito non solo ad esacerbare l’opinione pubblica ma anche a porre la questione di un maggior controllo sull’immigrazione al centro dell’agenda di governo. “L’immigrazione clandestina resta un terreno fertile per il terrorismo e l’estremismo, è necessario rafforzare la lotta nel nord-ovest della Russia e reprimere i tentativi di formare enclavi etniche”, ha affermato il segretario del Consiglio di Sicurezza Nikolai Patrushev. Dura presa di posizione anche da parte del Patriarca della Chiesa Ortodossa di Mosca Kirill: “Attorno a noi vivono popoli fratelli con i quali abbiamo sempre cercato di costruire rapporti di buon vicinato comprendendo la difficile situazione economica che si è sviluppata in numerosi paesi dell’ex-Unione Sovietica. Allo stesso tempo abbiamo il diritto di esigere il rispetto della nostra cultura da parte di coloro che provengono da questi paesi. Tutti coloro che vivono in Russia devono necessariamente parlare la nostra lingua e conoscere e rispettare le nostre tradizioni”. Lo stesso Vladimir Putin ha ricordato come “solo coloro che rispettano le nostre tradizioni, lingua, cultura e storia possono venire a vivere e lavorare in Russia”.

SEGNALI DAL GOVERNO

Dalle parole si è presto passati ai fatti. Il 29 Marzo viene presentato al Consiglio dei Ministri un disegno di legge volto ad “ampliare la base giuridica per l’uso di mezzi e metodi moderni nel controllo dell’ingresso e del soggiorno degli stranieri in Russia”. La riforma prevede varie misure: obbligo di identificazione biometrica per l’ingresso degli stranieri in Russia, riduzione del periodo di soggiorno temporaneo da 6 mesi a 90 giorni, rafforzamento dei controlli sui datori di lavoro che assumono immigrati, semplificazione delle procedure di espulsione e deportazione. Inoltre dal 1 Maggio l’esame di certificazione di conoscenza della lingua russa, necessario per soggiornare nel paese, potrà essere sostenuto solo nelle università statali e non più presso strutture commerciali, ritenute troppo ‘morbide’ e facilmente corruttibili.

REGIONI MOBILITATE

Oltre a queste misure di carattere nazionale, molte regioni (Kamchatka, Yakutia, Armur, Crimea etc) hanno imposto il divieto di lavoro per i cittadini stranieri in settori dove tradizionalmente è più forte il loro impiego (taxi, edilizia, commercio, agricoltura etc). Una nuova proposta è poi stata avanzata dalla regione di Mosca: “Per eliminare le tensioni sociali e prevenire conflitti tra migranti e popolazione locale, il governo della regione di Mosca ha preso l’iniziativa di creare le infrastrutture necessarie ai migranti per vivere direttamente sul territorio delle strutture in cui sono impiegati. Parliamo di aree chiuse esterne ai centri abitati. I migranti non potranno portare con sé le loro famiglie e dovranno lasciare la Russia alla scadenza del contratto di lavoro”, spiega il vice governatore della regione Roman Karataev, citando come modello l’esperienza degli Emirati Arabi Uniti.

ALLA RICERCA DI UN EQUILIBRIO

A chiedere un intervento deciso da parte del governo ci sono soprattutto i movimenti patriottici. Il presidente della ‘Fondazione Tsargrad’ Konstantin Malofeev ritiene che “per ridurre rapidamente il livello di pericolo criminale rappresentato dai migranti ci sono solamente due modi: interrompere la politica di esenzione dal visto per i cittadini provenienti dall’Asia centrale e revocare in modo definitivo il permesso di soggiorno ai migranti che commettano un qualsiasi tipo di reato. Se la Russia ha bisogno di lavoratori stranieri allora devono essere tutti assolutamente rispettosi della legge”.

Nel momento attuale però è difficile immaginare misure drastiche da parte del governo almeno fino al termine del conflitto in Ucraina che impegna un importante numero di persone al fronte tra volontari e mobilitati, che hanno quindi temporaneamente abbandonato la loro precedente professione, e comporta un notevole aumento della richiesta di mano d’opera in tutta l’industria bellica. L’esenzione dei visti è un forte strumento di pressione e influenza sui paesi ex-sovietici, la cui economia risulta dipendente dalle rimesse di denaro effettuate da chi lavora in Russia, con cui Mosca non può rompere in questo momento per non correre il rischio che finiscano nell’orbita occidentale.