La santa inquisizione sugli eventi “filo-russi”

La santa inquisizione sugli eventi “filo-russi”

08/01/2024 Off Di   Rossella M.   In   Mappamondo   

Il silenzio sul conflitto in Donbass ha i minuti contati quando, al posto di informare, ci si può dedicare allo scoop. Se lo scoop poi si piega senza sforzi agli interessi politici di chi ormai è carente di argomentazioni, che la caccia alle streghe abbia inizio.

Da giorni nei giornali di tutta Italia e sui social rimbalza la notizia dai toni apocalittici: i propagandisti di Putin sono tra noi. Conferenze, proiezione di film, progetti di solidarietà, post sui social: tutto passa dalle forche caudine degli sceriffi dell’internet, che analizzano reati di colpevolezza già avendo emesso sentenza. Come di abitudine, quando si parla della guerra in Donbass, i media nostrani argomentano le accuse con informazioni volontariamente deformate, superficiali e strumentali a una sola, unica narrazione: tutto ciò che riguarda la Russia è il male, e va messo a tacere.

La faccenda risulta ancora più curiosa in un clima mediatico totalmente silente riguardo la guerra in sé: nonostante le proposte di pace rifiutate (dal governo ucraino), nonostante i costanti attacchi nella regione del Donbass (che non hanno risparmiato la popolazione neanche durante il Natale), nonostante la graduale ritirata del sostegno americano a questa guerra per procura, i giornali italiani negli ultimi tempi hanno derubricato il conflitto in Ucraina a trafiletti di contorno.

A chi interessa veramente alimentare l’odio?

Ci chiediamo allora quale sia il vero motivo di questo accanimento mediatico nei confronti degli eventi sul tema. Le amministrazioni comunali, dal PD a FDI, non sembrano avere dubbi sulla linea da seguire: condannare senza riserve e vietare ogni discussione.

Ancora una volta, i due poli teoricamente in opposizione, giocano a rubabandiera con la pelle degli innocenti, strumentalizzando il libero confronto sul più tragico evento storico dopo la seconda guerra mondiale, al bieco fine di accaparrarsi consensi. Le modalità censorie sono sempre le stesse: limare le voci fuori coro con accuse inconsistenti, mendaci, senza nessun accenno di riflessione. L’assegnazione delle etichette più disparate (dal nuovo pericolo di fascismo in salsa russa, alla ricostituzione dell’Unione Sovietica per soggiogare l’Europa) è insomma eseguita in maniera totalmente arbitraria, in un rimpallo di colpe tra i pretendenti alla corona. Noblesse oblige: insomma, è chiaro che del povero popolo ucraino non gliene freghi proprio niente a nessuno.

È così che il dubbio sorge: è possibile che proprio chi accusa di fare propaganda, applicando la censura, non faccia egli stesso propaganda? Proprio dagli alfieri della Costituzione non ci si aspetta una competenza così sui generis riguardo ai diritti portanti della nostra Repubblica: la libertà di informazione ed espressione viene tralasciata intenzionalmente sotto espressa richiesta di forze esterne al Paese. Chissà la sovranità tanto paventata dal nostro Governo cosa direbbe, se solo potesse parlare.