Roma Eterna. L’origine, il mistero, il destino / parte II

Roma Eterna. L’origine, il mistero, il destino / parte II

19/04/2024 Off Di   Redazione   In   Correva l'anno   

a cura di Federico Fregni (Societas Hesperiana)

Il corpo vivente dello Stato Romano, Senatus PopulusQue Romanus, che va inteso tradizionalmente come incarnazione terrena, giuridico-sacrale, di una ispirazione divina, entrò nella fase adulta con la vittoria contro Cartagine, sua rivale sia sul piano materiale e politico-economico che su quello metafisico, stando al Vate Virgilio; il trionfo contro la colonia asiatica posta al centro del Mediterraneo aprì di fatto Roma al mondo allora conosciuto, alla cultura ellenistica, alla conquista di territori sconfinati, all’integrazione di alcuni valorosi popoli, alcuni dei quali autentici fratelli degli Italici stessi, nell’orbita romana; eppure, fu così che il Sangue di moltissime famiglie originarie si spense nella crudeltà della guerra terrificante portata dalla vendetta di Annibale; fu così che molti culti si estinsero per mancanza di sacerdoti; fu così che, una volta respinto il pericolo, assieme alla prosperità e alla pace si insediarono i germi della discordia e della tracotanza.

Eppure, Roma risorse gloriosa, grazie al coraggio di Giulio Cesare, discendente del capostipite Enea stesso e grazie alla restaurazione, religiosa ancor prima che sociale e politica, di Ottaviano Augusto, primo Imperatore. A loro e a chi li incoraggiò ed ispirò, uomini o Dei, dobbiamo la rinascita di Roma, la restaurazione di territori semplicemente conquistati ed occupati in un Impero basato sulla Fides trai Popoli e sull’Armonia tra Uomini e Dei, la partecipazione al sogno romano di tutti i popoli di Hesperia-Italia, completata l’inclusione di quei Galli Cisalpini che tanto avevano lottato per la rinascita romano-italica, la fine delle guerre intestine tra gli affratellati popoli d’Europa, la pace prolungata in tutto il mondo allora conosciuto. Roma, divinamente ispirata, fu un faro di luce in un’Era che stava velocemente rabbuiandosi dove, da secoli, si diffondevano dottrine che irridevano gli Dei, dove il denaro prendeva il posto dei valori ancestrali, dove le stirpi erano divise ed in perenne guerra tra loro.

INTERPRETAZIONI DELLA STORIOGRAFIA

Tutta una storiografia anti-romana, diffusasi principalmente già in epoca tardo-antica a causa dell’anti-romanità di alcuni padri della chiesa e, ancor di più, in tempi recenti, a causa della retorica protestante diffusasi nei paesi luterani o genericamente nord-europei, vuole vedere Roma quale responsabile della decadenza del mondo antico: come gli Ebrei ravvidero nell’Egitto ed in Babilonia la causa di ogni loro affanno, alcune correnti storiografiche di ieri e di oggi identificano in Roma antica ogni nefandezza; i cristiani vi vedono l’assenza di amore nella religione, i progressisti e i neo-marxisti vi vedono una manifestazione di schiavismo e di sfruttamento classista, le teorie neo-spiritualiste vi vedono l’estinzione dei misteri antichi di varie popolazioni (in particolare celtici), il femminismo contemporaneo, invece, l’occultamento della dimensione femminile del sacro, i monomaniaci del moderno razzismo antropo-zoologico vi vedono un precursore delle moderne ossessioni verso il meticciato universale e così via, verso una infinità potenziale di nuove possibili teorizzazioni deliranti, più o meno basate su qualche strampaleria o, persino, su mezze verità assunte a capisaldi ideologici assoluti.

LA VISIONE TRADIZIONALE

Una seria ed equilibrata visione Tradizionale di Roma, della sua Storia e Mito-Storia, respinge tutto questo, perché è piuttosto chiaro che, se la Storia di Roma non fu affatto indenne dalla decadenza e del manifestarsi di un progressivo oscuramento del Divino, perdurante per tutta l’Età del Ferro, l’Urbe non può essere accusata di aver innescato processi che già di per sé stessi si manifestavano, storicamente e meta-storicamente, da secoli e secoli e in pressoché tutte le antiche civiltà europee e mediterranee: non necessitarono di Roma le città greche per affogare nella tracotanza e nelle guerre fratricide al seguito della vittoria sui Persiani, né i Galli per accogliere già da tempo gli aspetti più materiali e deleteri della “proto-globalizzazione ellenistica” (termine riduttivo, in ogni caso, al netto di quelle che invece sono valutazioni positive del fenomeno), che li spingeva a lottare ferocemente tra loro e vendere i propri simili come schiavi in cambio di sempre nuovi beni di lusso della nuova koiné culturale; tantomeno, i popoli del mediterraneo orientale, non subirono nessun influsso della religione romana,  quando, già in epoca decisamente arcaica, popolarono, via via, la loro concezione della vita dopo la morte di angosce e di fantasmi e, per questo, focalizzando intere società ad accumulare gioie materiali!

Per una visione Tradizionale del mondo, al contrario, Roma rappresentò un argine nei confronti di questo oscuramento e ciò è confermato dalle parole di quegli uomini pii e di quegli iniziati ai più alti misteri divini, anche non etnicamente Romani, che lodarono l’Urbe per il suo ruolo meta-storico, trai quali non possiamo non citare quel Claudio Rutilio Namaziano, di origine celtica, autore che scrisse il suo struggente Inno a Roma proprio al termine di quei dodici secoli di dominio che gli Dei avevano affidato alla Città Eterna.