L’uomo è in pericolo

L’uomo è in pericolo

18/12/2021 Off Di   Gianluca Kamal   In   Officina   

Se è vero che in tempi straordinari a dover essere lanciate sono sfide straordinarie, a Verticale, questa minuscola ma combattiva nicchia di sfacciata libertà, è chiesto di non abbandonare anzitempo il terreno della ricerca, dell’indagine la più impegnativa, delle risposte necessarie a domande che interrogano la questione delle questioni: l’uomo. La grande mambassa di sconvolgimenti portati dalla crisi pandemica globale, non soltanto ha interessato gli assetti politico-istituzionali delle nazioni nonchè la stessa natura del sistema di potere, ormai orientato verso un ritornante dirompente accentramento decisionale verso gli stati in un apparente ritrovata centralità delle sovranità nazionali (in realtà, niente di più falso e ingannevole), ma ha ridato più deciso impulso a quelle correnti, più o meno fanatiche, più o meno esistenti, miranti a “superare” l’essere umano come specie terrestre, addirittura fondendo le sue peculiarità uniche con quelle proprie delle macchine.

In ogni tempo e ad ogni latitudine le rivoluzioni, oltre a farsi portatrici di nuove visioni, nuove concezioni dello stato e di nuovi strumenti (di coercizione e repressione, chiarendo meglio) per attuarle, si sono dapprima sempre poste il medesimo interrogativo: quale tipo di uomo immaginare? La costruzione dell’homo novus ha assillato i pensieri degli ideologi alla stessa maniera con la quale gli artefici scelti dalla Provvidenza si adoperavano per abbattere l’ordinamento preesistente alla loro venuta. Conquista del potere è in primo luogo creazione, o tentativo di creazione, di un nuovo modello umano, sul quale è imperniata la stessa azione rivoluzionaria. E non vi è dubbio che la c.d. Quarta Rivoluzione Industriale, profetizzata dalla finanza di Davos e scientificamente pianificata e “implementata” dai colossi della tecnologia digitale, rientri a pieno titolo nel novero dell’atavica tendenza dell’umanità a prospettare e tentare continue palingenesi di sè stessa. L’automatismo, la ridefinizione del concetto di lavoro, l’introduzione della tecnologia mRNA nella produzione di vaccini, invenzione di avatar sostitutivi dello stesso utente, in poche parole l’avvento del Metaverso, non delineano primariamente l’uomo (e il linguaggio) del futuro?

Il problema che si nasconde dietro a ogni angoscia del nostro tempo è proprio questo, in ultima analisi: “l’uomo”, come ci ricordava l’anarca Junger, “si chiede in che modo gli sia possibile sottrarsi all’annientamento”. Appare subito evidente come l’attuale clima di panico e terrore abbia investito violentemente gli uomini, in una sorta di cieco invasamento di cui esibiscono i sintomi senza pudore alcuno. Ci si chiede dunque “che fare”, se rimanere a bordo della nave e mantenere lo stesso la nostra autonomia di decisione nonostante i segni della nuova “normalità” si facciano ogni giorno più pervasivi e soffocanti, oppure cedere abbandonandosi alla cupio dissolvi. Non sarebbe invece possibile “preservare, addirittura rafforzare le radici che ancora affondano nel suolo originario?” (E. Junger, Trattato del Ribelle”)

E’ la ragione per la quale studieremo, per la quale scriveremo, per la quale ci batteremo. Più che mai oggi, affacciandosi all’orizzonte scenari post o transumani, conterà “non tanto restare vivi, quanto restare umani” (G. Orwell, 1984).