Quei maledetti vecchi dei giovani d’oggi

Quei maledetti vecchi dei giovani d’oggi

21/10/2021 Off Di   Gianluca Kamal   In   Società   

La vicenda, recentissima, è piuttosto semplice: alla facoltà di Filosofia di Bologna una ragazza di nome Silvia entra in aula senza green pass, rifiuta di andarsene, la lezione viene sospesa, gli altri studenti, nonostante le tenui smentite del docente del corso, la coprono d’insulti e la minacciano arrivando quasi al contatto fisico (e non per manifestarle amoroso sentimento, in questo caso). Ci sono blog, i quali passano per essere considerati “testate giornalistiche” e i loro curatori dei “reporter” che nemmeno Robert Capa o Gianni Brera, che hanno persino liquidato la malcapitata studentessa come una mezza sgualdrina in cerca di un warholiano quarto d’ora di celebrità. Così è, se vi pare. C’è, in questo episodio, una ferocia forse mai prima d’ora esistita. La sua unicità risiede nel fatto di riassumere alla perfezione tutte le brutture, le prevaricazioni, gli abusi con i quali bullisticamente vengono oggi trattati coloro che, per scelta o per altro, hanno deciso di non vaccinarsi. Perchè sono colpevoli. Perchè “minimizzano così l’immane tragedia dei millemila morti causati dal Covid”. Perchè sono fondamentalmente una minoranza, storico tabù per la massa.

Ma il punto è un altro. Qui parliamo di ventenni, nella fattispecie di universitari post-piccolo borghesi, “pavidi, incerti, disperati ma anche prepotenti, ricattatori, sicuri e sfacciati” come poetava Pasolini, rigidamente obbedienti al potere, allineatissimi alle direttive governative, pro-scienza, pro-green pass, pro-lockdown, pro-Draghi (!), pro-UE, pro tutto quello per cui non è richiesta la lotta o soltanto la fatica di un pensiero ardito o “poco ragionevole”. La loro obbedienza, quasi cieca, quasi fanatica, si spinge a tal punto di odiare chi non si adegua, chi non dimostra un sufficiente grado di “resilienza” ed eccola la ragione per la quale questo termine descrive anatomicamente l’attuale condizione non tanto delle persone tutte, ma dei giovani in particolare. Non vogliono mordere la vita, non aspirano a sogni di rivolta, non possiedono la capacità di pensare altrimenti.

Qui non parliamo di numeri o di freddi schemi. Qui parliamo di estetica, al cui suono già scricchiolano le fondamenta del “bel mondo di merda che vi siete (ci siamo?) costruiti”. La funzione eversiva che essa riveste ci insegna la bellezza del non saper vivere, del bel gesto, della caduta e della risorgenza; dove Zarathustra e Junger ti vengono incontro con tutta l’intenzione di di iniziarti ai cammini alti ed aspri della vita. Coloro che la natura ha indirizzato verso la scoperta e il rischio, si rivelano oggi i maggiori sprezzatori dell’irripetibile, della sensazione, della parola alata che spalanca mondi nuovi. Prima contro il sistema e i suoi scherani in divisa, ora spie e delatori al primo furore di protesta. La giovinezza, quel tempo così dannunziano e genuinamente fascista, pare una parentesi furtiva stritolata dall’apertura del profilo su un social e l’attesa di una morte grigia e senz’arte.

Silvia, perlomeno, ha provato a smuovere la palude nauseante del conformismo studentesco. Non vi è più nulla da salvare, dentro ma anche fuori quell’aula universitaria. Non sappiamo se lei, come anche alcuni di noi, si salverà quando l’immonda tenaglia allenterà la sua presa. Sappiamo quanto però tutti si siano volenterosamente prestati a questa raffinata opera di distruzione sociale in cambio di una miserrima condizione di minorità, capace, secondo la loro convinzione, di superare la crisi sanitaria e ritornare al mondo pre-Covid. Un mondo orrendo.