Davos e gli anni che verranno

Davos e gli anni che verranno

15/01/2024 Off Di   Gianluca Kamal   In   Officina   

Prende avvio oggi, lunedì 15 gennaio, l’atteso appuntamento annuale che mette tutti d’accordo: scienziati, astrologi, indovini, classe politica, manutengoli di varia (e avariata) risma. Nella grigia città dei Grigioni tra le montagne svizzere il World Economic Forum, giunto alla sua 54esima edizione, tornerà a riunire i rappresentanti di un centinaio e più di governi, organizzazioni internazionali, colossi finanziari e farmaceutici nel tentativo di pensare ed elaborare “risposte globali a questioni globali” in ogni ambito dello scibile umano, eccezion fatta forse per le maggioranze necessarie in un’assemblea condominiale per l’approvazione di opere in facciata. Quest’anno, amara ironia, la parola d’ordine scelta è “Rebuilding the trust”, ricostruire la fiducia, ovvero l’antico adagio in base al quale chi genera il danno è lo stesso a proporre (o vendere) le soluzioni. Infatti, dopo aver impresso dal 2020 una poderosa accelerata alla chirurgica e sistematica opera di demolizione dei paradigmi attorno ai quali si era retta la società umana dalla fine dell’ultimo conflitto mondiale, e raso al suolo qualunque concezione della convivenza civile non conforme ai dogmatici modelli della quarta rivoluzione industriale, serviva in tutta evidenza cercare di recuperare un minimo di buon senso. E in che modo? Ribadendo al mondo che sono sempre loro a offrire i rimedi ai (loro) disastri.

Un evento che mette tutti d’accordo, dicevamo all’inizio. Già, perchè nel corso dei cinque giorni previsti di incontri (o “panel”, secondo il protocollo) al centro del dibattito non ci saranno proposte, ma soluzioni; non analisi, ma prospettive; non riflessioni, ma previsioni. L’apporto degli attori invitati al Forum, i politici in particolare, è più o meno quello del pellegrino in visita a Delfo: udire l’oracolo e tornare a casa con le consegne da eseguire. In fondo, così ha sempre funzionato da che uomo è uomo: un gruppo illumina, custodisce e impartisce, il resto briga e sbriga. Non vi è alcun bisogno di pensare, o di avanzare domande. In laboratorio si è già lavorato abbastanza per far trovare pronte le pietanze all’arrivo degli ospiti.

Intelligenza artificiale, mutamenti climatici, scenari geopolitici la cui “incertezza” costituisce certo un’opportunità prelibata per renderli un pochino più “certi”, direzionandoli verso ricomposizioni accettabili per stakeholders e potentati vari. A suscitare maggior interesse sarà però, con molta probabilità, quello che ormai è divenuto un must dello Schwab’s party: la “previsione” di una nuova pandemia, questa volta simboleggiata dalla “malattia X”, la cui tanto fumosa e inquietante identità è compensata dall’assoluta certezza che essa mieterà milioni di vittime in più rispetto al Covid-19. Evidentemente questa volta vogliono fare le cose per bene, incoraggiati dagli ottimi risultati ottenuti nel dicembre 2019. Sulla “stupefacente” abilità dell’OMS e WEF di predire simili avvenimenti è superfluo ricordare il caso di Event 201, l’esercitazione globale sulle pandemie organizzata proprio dal Forum insieme alla Fondazione di Bill & Melinda Gates nell’ottobre 2019. Altrettanto stupefacente ricordare come quella “esercitazione”, pochi mesi dopo, si sarebbe tramutata nell’ondata pandemica a lungo attesa (e praparata). Che poi la prossima ondata virale sia nell’animo e nei bilanci previsionali dei Club preposti potremmo anche dedurlo, ma-noi-non-ci-crediamo, dall’imminente approvazione del nuovo Trattato pandemico stilato dall’OMS che di fatto sancirà la fine delle sovranità in campo sanitario degli stati aderenti. E siamo ben convinti che l’Italia farà, come sempre, la sua parte.

Mettetevi comodi, dunque. Sintonizzatevi sulle giuste frequenze. Va in onda il futuro che t’aspetti.